Il Tudaio, alto 2114m, costituisce il primo contrafforte di una lunga e poderosa catena dolomitica che si spiega da ovest verso est sviluppando un’ampia dorsale incurvata e aperta a nord. A scandire la grande catena sono via via la Bragagnina che raggiunge i 2281 metri di altezza; il Crissin, 2503 metri; il Popera Valgrande, 2520 metri; Cima di Mezzo dei Brentoni con i suoi 2548 metri e infine il Cornon che raggiunge quota 2378. Collocato com’è, a forma di grande triangolo tra il fiume Piave e i torrenti Piova e Frison, questo gruppo divide l’Oltrepiave dal Comelico e, pur compreso nella denominazione generica di Dolomiti Orientali, appartiene alle Alpi Carniche e, più precisamente, al loro settore occidentale, in cui rientrano anche le Dolomiti di Sappada. A parte episodi settoriali, l’intera catena è rimasta per molti anni misteriosa e quasi deserta. Oggi, con l’abbandono progressivo delle superstiti attività lavorative e con la completa assenza di interessi militari, questi monti possono essere annoverati tra quelli più integri e selvaggi di tutte le Dolomiti.
Questo anche perché il turismo non ha avuto qui i successi, ma anche gli eccessi di altre zone più famose. Per tutto questo la catena dal Tudaio ai Brentoni può vantare ancora quella verginità primitiva che uno dei loro più grandi ammiratori e conquistatori, Antonio Berti, esaltava nel 1928 con queste parole: “Valga l’augurio che una Sezione del C.A.I. costruisca un rifugio sotto la bronzea muraglia nord del Pupera Valgrande, nell’alpe sperduta di Federa Mauria, ad agevolare l’accesso a queste crode che conservano appena intaccato il fascino della verginità primitiva. E se tarderà poco importa… che le crode tanto più ci soddisfano quanto più l’ambiente dal quale esse sorgono è orrido e misterioso”.
Queste montagne non furono infatti mai veramente di moda, forse perché si riteneva che le loro cime non fossero in grado di offrire difficoltà eclatanti, degne cioè del grande alpinismo internazionale. I primi conquistatori furono indubbiamente i cacciatori di camosci, umili e sconosciuti eroi delle prime e solitarie scalate, seguiti da vicino dagli ufficiali topografi incaricati di disegnare le mappe del territorio. Tale momento, che potremmo definire di esplorazione scientifica, è presente anche nella nostra catena, dove i topografi hanno lasciato evidenti tracce del loro passaggio. E non solo sul Tudaio, ma, per esempio, anche sul Popera Valgrande dove i presunti primi scalatori trovarono, nel giugno 1899, i segnali lasciati da ufficiali topografi nel corso di una precedente ascensione.
Nel luglio 1889 la catena comincia a rientrare negli interessi del grande alpinismo con i coniugi Helversen e i coniugi Friedmann, che raggiunsero la vetta del Cornon. Ma non fu grande gloria, dal momento che si sapeva che la prima salita era stata compiuta da cacciatori locali. L’elenco delle scalate evidenzia però quale protagonista indiscussa della prima fase, tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, la figura di Gustav Baldermann che, insieme con la guida di Giuseppe Stanislao Pellizzaroli “Beppi Slau” di Santo Stefano, dedicò molti anni allo studio sistematico di questa catena. Egli scelse come sua base operativa il Villaggio Alpino di Gogna ai piedi del Tudaio. Il 24 giugno 1898 Baldermann raggiunse quota 2548 sui Brentoni. Con lui e con Beppi Slau c’erano anche Schmid e Wòdl. L’anno seguente, ancora il 24 giugno, salì la Cima Ovest del Pupèra con Patera, Kallich e Von Statzer.
Il 4 luglio 1902 attraversò le tre punte delle Crode di Mezzodì con Hofer. Il 9 agosto 1903 scese dai Brentoni per il canalone sud. Baldermann è stato un grande alpinista. Un vero pioniere dell’alpinismo alla cui scuola impararono in tanti. Alle sue imprese si ispirò anche Antonio Berti. Accanto a lui vanno ricordati Luigi e Antonio Da Rin, cui sono legate le prime imprese sulla Bragagnina nel 1895 e sulle Cime dei Landre nel 1897. Altro alpinista da non dimenticare è Lothar Patera al quale devonbo essere attribuite le significative conquiste sui Castellati nel 1899. Antonio Berti chiuse la serie delle scalate anteguerra con un’ultima e prestigiosa conquista, quella della cima est del Popera Valgrande dalla forcella Castellati, avvenuta il primo settembre 1914 insieme a Luigi Da Rin.
Nel periodo bellico queste vette poterono, fra tanti mali, godere almeno di un vantaggio: mai come allora ogni sentiero fu sistemato e reso più agevole, ogni forcella divenne praticabile, comodi ripari furono creati tra le rocce. Dimenticati gli orrori della guerra, questo poteva diventare un patrimonio da far fruttare in prospettiva futura, un richiamo in più per vecchi e nuovi alpinisti. E invece l’intero gruppo, allontanatisi i soldati e rimossi i cannoni, ritornò deserto ed esplorato da pochi appassionati.
Fu il solito infaticabile Berti a far nuovi proseliti. Il 2 agosto 1926, con Canal e Casara, salì i Castellati da nord e scese da est e ancora il 30 luglio 1927 raggiunse con gli stessi compagni e con i coniugi Capuis la cima Ovest del Popera Valgrande da nord per la bronzea muraglia. Poi il 28 luglio 1928 l’impresa forse più spettacolare. Severino Casara superò per la prima volta l’immensa lastronata del Crissin che guarda Auronzo, con un appicco di quasi 1400 metri. Egli risalì la Val dei Landre e raggiunse il catino che giace sotto la Bragagnina e la lastronata del Crissin. Da qui, piegando verso est, scalò i temibili gradoni fino alla cima del Crissin d’Auronzo, la più alta, da cui si domina l’intera Val Popera. Sempre in quegli anni si cimentarono su queste pareti i nomi prestigiosi di Berti, Mazzorana e Castiglioni.
Dopo la seconda guerra mondiale la catena continuò comunque ad essere trascurata e un risveglio di interesse è avvertibile negli anni ’60 e diventa finalmente tangibile negli anni ’70 grazie soprattutto a De Infanti, a suo agio tanto con la penna quanto con i chiodi. Le imprese di questo scalatore-scrittore sono tutte tese alla valorizzazione dei Brentoni, del massiccio cioè che era stato definito già da Casara come il più bello dell’intera catena, sia per la sua roccia dolomitica, ideale palestra sportiva, sia per le ardite cime e lo splendido panorama offerto verso la Carnia e il Cadore. Molte cime e pareti hanno conosciuto in questi ultimi anni salite impegnative che superano gradi di difficoltà che vanno dal IV al VI e l’elenco degli alpinisti evidenzia personalità di rilievo, estremamente qualificanti.